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Chef Nicola Popolizio anima materana

Chef Nicola Popolizio anima materana
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Là fuori, tra le galassie, forse si trova la risposta a quello che è un uomo“. Ora, non so se la citazione dello scrittore norvegese Jostein Garder corrisponda a verità, certo è che io, nella galassia di ristoranti che spesso mi capita di esplorare, ho trovato la risposta a quello che è uno chef.

Addentriamoci nella costellazione materana, una vera e propria “regione autonoma” nella quale abbiamo assistito in pochi anni ad un big-bang dirompente di attività ristorative degne di nota. Qui c’è un ristorante, in particolare, che merita la stima di noi gastronauti spaziali. C’è uno chef che, in controtendenza ai tempi, fa parlare i suoi piatti e non i suoi post sui social. Puro al 100%, incontaminato, semplice nel suo carattere ma dannatamente bravo nei suoi piatti. La sua determinazione e la sua eleganza, in cucina e nella vita, ne hanno fatto un caso più unico che raro.

Ciao chef, benvenuto su Typigo. Presentati ai nostri lettori.

Nicola Popolizio, Chef resident patron del ristorante Ego in Matera. Nato e vissuto nella splendida città dei sassi.

Raccontaci il tuo percorso formativo.

Ho avuto una formazione professionale nei migliori alberghi e ristoranti d’Italia: de Russie Roma, Alpenroyal Selva di Val Gardena (stella michelin), sous Chef di Unico Milano (stella michelin), ed altri forse un po’ meno importanti in quanto a blasone ma assolutamente formativi.

Il tuo ricordo più bello ed il momento più difficile.

Il ricordo più bello, vediamo, ti direi i 10 anni vissuti a Selva di Val Gardena, alla corte di Felix Lo Basso. I momenti più difficili sono legati ai primi anni di Ego e al suo difficile collocamento sul mercato.

Chi vorresti ringraziare?

il mio mentore, proprio lui, Felice Lo Basso. Vorrei mandargli un grazie gigantesco per avermi fatto crescere professionalmente ed avermi dato le basi, le radici. Solo attraverso quelle, ben salde dentro di me, oggi posso interpretare la mia filosofia di cucina e farla crescere, sempre più, come le fronde di un albero.

Tornando alla formazione, che ne pensi delle nuove generazioni e delle problematiche relative alle scuole alberghiere?

L’alberghiero della mia città, Matera, è un istituto molto serio. Ad ogni modo c’è da dire che oggi non sono più così comuni i ragazzi armati di passione intenzionati ad intraprendere un percorso difficile. Devono sapere che ci sono moltissime responsabilità, e ore di lavoro. Ma forse è più una questione di mancanza di stimoli.

Tu che, pur essendo ancora così giovane, sei l’artefice di un piccolo grande sogno divenuto realtà, che messaggio di incoraggiamento manderesti ai ragazzi che si accingono tra difficoltà e falsi miti, ad entrare in questo benedetto mondo maledetto?

Il mio incoraggiamento è più un consiglio. Chi intraprende questo settore – e lo fa con vera passione – deve perseguire dritto per la sua strada, senza scoraggiarsi, anche quando vede tutto nero. Prima o poi le cose fatte bene portano le soddisfazioni inseguite.

Cosa ti ha spinto a diventare cuoco?

È la cucina che mi ha cercato. Sono nato per fare il cuoco. Sostengo che in dote ho ricevuto la passione, il divertimento, la voglia di arrivare in alto e – soprattutto – di creare emozioni uniche per i miei clienti.

Come conquisti i clienti?

Attraverso il mio racconto. Un racconto passionale.

Attingo alla tradizione. L’ho fatta mia, come sotto imprinting, quando i miei nonni erano in vita. Allo stesso tempo dono ai clienti una visione moderna di quella tradizione giocando sui contrasti: acidi, sapidi, croccanti è questa la mia missione quando devo conquistare il palato di qualcuno. Stupirlo!

La tua materia prima, quindi, è ”povera”.

Ricca di tradizione, proprietà nutritive e sapore. Pur essendo ”povera”, però, cerco sempre di creare grandi piatti attraverso tecniche e contrasti.

Il piatto che ormai ti rappresenta.

Il mio piatto è – in omaggio al pane di Matera – un dolce che ricorda una vecchia colazione: crema di latte, pane caramellato e  gelato al caffè.

Come nascono i tuoi menù? A chi ti ispiri quando crei un piatto?

Mi ispiro a tutto quello che mi circonda, al mio stato d’animo, ai pensieri del quotidiano. Insomma ogni cosa per me può essere la miccia per l’ispirazione e questo è un sintomo importante per la mia vitalità. Vuol dire che sono profondamente vivo.

Il primo ricordo legato al cibo.

I miei ricordi “antichi” sono tutti legati a mio nonno. Quando inzuppava il pane di Matera dappertutto, i miei occhi curiosi si tuffavano assieme a lui in ogni pietanza.

Il territorio materano. Cosa vuol dire per te appartenere a questa terra e quanto la “utilizzi” in cucina?

Il mio territorio, non è solo una casa, è un rapporto vivo. Un rapporto d’amore. Cerco ogni giorno di portarlo avanti attraverso molteplici prodotti a km 0, anche contaminandoli con altri provenienti dall’estero.

Matera, in questo momento storico, ha  finalmente conquistato gli scenari che si meritava.

Ed io la “ringrazio” ogni giorno cercando di fare il mio mestiere nel miglior modo possibile ed “inserendola” in più piatti possibili. In ogni piatto, come detto, cerco innanzitutto di inserirci il territorio.

Come e dove ti vedi in futuro?

Non sono abituato a pensare al futuro, mi piace ragionare volta per volta. Mi tengo molto sul presente, così da non avere “colpi di testa”.

Nemmeno un’ambizione?

Se proprio devo dirtelo sì, una stella michelin non mi dispiacerebbe. Anzi, sarebbe un sogno! Un sogno che ho nel mio cassetto. Un cassetto che cerco di non aprire mai.

E se a Nicola Popolizio chiedessi qual è il super potere di un cuoco?

Il super potere di un cuoco? Due, indivisibili:  pazienza e perseveranza.

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